giovedì, maggio 24, 2007

Conforto.

CONFORTO [con.fòr.to] s.m. - [...] Incoraggiamento, incitamento [...]
Definizione da Giacomo Devoto e Giancarlo Oli, "Il dizionario della lingua italiana", Le Monnier

Esistono molti modi di affrontare la vita, e credo che la maggior parte di noi si adatti a seconda delle vicissitudini a prenderla nel modo che porta la maggior felicità o il minor dolore, in un continuo slalom gigante cercando di farsi meno male possibile. Io, per la maggior parte del tempo, sono un tipo competitivo. Mi piace fare bene le cose, non solo farle bene, farle meglio degli altri. Sarà forse perché voglio sentirmi dire che sono intelligente, preciso, competente. Sarà perché mi compiaccio del lavoro ben fatto, e quando ho finito passo sempre un po' di tempo a contemplarlo. Sarà perché voglio credere che se vengo pagato più di altri, un motivo c'è. Il problema dei tipi competitivi come me, è che quando sbattono contro una porta nello slalom della vita, si fanno più male degli altri.

Ieri mi hanno consegnato gli obiettivi di fatturato. Li ho fissati a lungo, strabuzzando un po' gli occhi. La filiale non sta andando bene e nemmeno io, dopo due settimane il mio contributo è ancora zero. Loro non lo sanno che ci sono volute due settimane a creare sulla scrivania lo spazio per appoggiare la tastiera. Ho alzato la testa da quel foglio, contemplando per un attimo i miei colleghi, e pensando ai miei rimanenti 53 giorni di prova. Chi mi ha voluto qui si aspetta molto da me. Ed eccola, piano piano, lenta ma inesorabile è arrivata. La percepisci perché i battiti del cuore aumentano, improvvisamente diventa caldo, il colletto ti stringe e non capisci più tanto bene che cosa ti stanno dicendo. Sudi un po', i pensieri si annebbiano e si mescolano tutti e il tuo orizzonte temporale si restringe ai prossimi cinque minuti. Sai che devi fare qualcosa, subito, ma non sai cosa. Eccola, l'ansia. Il mio cervello ha fatto tilt.

Sono tornato a casa con la voglia di scappare. Ho già avuto la brutta esperienza di vedere una persona uscire dall'ufficio in lacrime dopo che le avevano comunicato il mancato superamento del periodo di prova. La situazione era diversa, le ragioni di fondo anche, però non ho potuto fare a meno di ripensarci ancora e ancora, incessantemente. Potrei essere io in uno qualsiasi dei prossimi 53 giorni.

Poi mi è arrivato un SMS. Il messaggio lo ho cancellato, ma più meno diceva hai avuto una giornata pesante, non ti preoccupare degli obiettivi, vedrai che assieme li raggiungeremo.

Ho avuto la fortuna di incontrare spesso colleghi competenti. Sulle persone con cui lavoro adesso non posso ancora dare giudizi, una cosa però la ho capita. Ho letto, da qualche parte, qualcuno che suggeriva di fotocopiare il palmo della propria mano e di usarlo per darsi una pacca sulla spalla ogni tanto, in ufficio. Ecco io credo, e spero di non sbagliare, che di questo non avrò bisogno.

lunedì, maggio 21, 2007

Dolceamaro.

DOLCEAMARO [dol.ce.a.mà.ro] agg. - Che provoca sensazioni o emozioni opposte. [Comp. di dolce e amaro].
Definizione da Giacomo Devoto e Giancarlo Oli, "Il dizionario della lingua italiana", Le Monnier

Stasera è in tutto e per tutto una serata dolceamara.

Una serata dolce, trascorsa a parlare del più e del meno, sorseggiando un buon drink seduti sotto un pergolato fresco, mentre il sole tramonta dolcemente a ponente, dietro la città. Uno scherzo, finalmente dopo tanto tempo sono riuscito io a pagare il conto senza che tu ti accorgessi di nulla, ma in questi mesi ho avuto un buon maestro. I soliti vecchi problemi, i soliti locali chiusi il lunedì, dove andiamo stasera? volevo portarti in un posto nuovo poi, come al solito, si ripiega al cinese perché è un mucchio di tempo che non ci andiamo più. Il cameriere che non ha perso l'abitudine, da un anno a questa parte, di cercare in ogni modo di venderti qualche piatto di più con la grinta del rappresentante del Folletto; gradite uno spumantino, un contorno, un sorbetto al limone? con quell'esotico accento cinese che suscita in me ilarità e in te irritazione. Non so se hai notato che questa sera ho parcheggiato in divieto di sosta senza pensarci due volte, faccio progressi piano piano, non trovi? La tua macchina perennemente ammaccata, prima o poi lo sai che quella portiera ti rimarrà in mano, ma a guidarla mi sembra di non averti persa mai. Quando ti ho vista lì ad aspettarmi fuori dall'ufficio, io perennemente in ritardo, ma questa volta non è proprio colpa mia, ho pensato che sei sempre la più bella che uno come me potesse avere.

Eppure è una serata amara. Amara perché mi accorgo come in questi mesi tu sia cambiata, come ci siamo incamminati per opposte destinazioni, e forse hai avuto ragione a lasciarmi, forse prima o poi sarebbe successo lo stesso e forse, forse siamo davvero così diversi come dici, però... ti ho detto stasera che non importa quanto io mi butti capofitto nel lavoro, non importa se esco e guardo le altre, non importa se ora che sono tornato le giornate sono calde e terse perché non è la quantità dei miei pensieri di te, ma il modo in cui ti penso che mi lacera come il vento d'inverno ed entra dappertutto e non c'è un posto caldo dove fermarsi e scaldarsi un po' e mi fa venire voglia di urlare ma so che non servirebbe, e non pensare, non pensare davvero che tu con un gesto possa aver chiuso in quella piccola scatola azzurra quello che c'è stato fra noi. Non ho avuto il coraggio di aprirla, fingerò che sia vuota, mi illuderò come un pazzo che sia stato uno scherzo e tanto so che non dovrei ma ti aspetterò come ti ho aspettata per tutti questi anni.
Although I've traveled far
I always hold a place for you in my heart
If you think of me If you miss me once in awhile
Then I'll return to you
I'll return and fill that space in your heart

Buonanotte amore mio.

giovedì, maggio 03, 2007

Dimissioni.

Qualche giorno fa cadeva il mio compleanno. Non si è fatto male, ma il momento si è rivelato propizio per dare le dimissioni. Una lettera pulita, concisa. Un taglio netto ma senza lasciare malumori, quindi ho voluto usare una certa cortesia.
"Colgo l'occasione per ringraziarVi della fiducia concessami e dell'importante occasione di crescita professionale rappresentata da questi mesi di collaborazione."
All'inizio pensavo che fosse ipocrita ringraziare un'azienda dalla quale sto scappando a gambe levate. Però fermandomi a riflettere ho capito che qualche ringraziamento lo devo davvero.

Da una parte, è innegabile, sono stato praticamente abbandonato in balìa di me stesso: un progetto da completare, mezzi inadeguati, infrastrutture inadeguate, personale (il sottoscritto) inadeguato a ricoprire un ruolo che mi era sconosciuto almeno per la metà di quello che ci si aspettava da me.

L'iniziale entusiasmo, avevo finalmente messo fine al circolo vizioso degli stage, nel volgere di poche settimane si è trasformato in sconforto e voglia di mollare tutto.

Dall'altra sono contento di aver tenuto duro e, se devo trarre un bilancio, non mi sento di buttare via nulla (o quasi). Alla fine anche se il progetto che mi era stato assegnato è ancora in alto mare, ho imparato alcune cose.

Organizzare il tempo e le priorità. Un po' di faccia tosta. Scovare informazioni che nessuno sembra volerti dare. Aggirare i paletti. Un pizzico di insistenza. Capire la gente di un posto dove non sono nato. Sorridere un po' di più. Grinta quanto basta. Cucinare, perché no? Lo ho fatto tutte le sere.

Ho accumulato esperienza in una posizione che, bene o male, implica una buona dose di autonomia e responsabilità. La mia professionalità ha mosso un deciso passo avanti, il mio curriculum è cresciuto diventando appetibile per altre aziende e grazie a ciò fra pochi giorni tornerò a casa.

A proposito, c'è anche qualcosa che non mi mancherà. Ad esempio quel millepiedi bianchiccio che è appena sfrecciato alla base del muro. Scusate, il dovere mi chiama.