CONFORTO [con.fòr.to] s.m. - [...] Incoraggiamento, incitamento [...]
Definizione da Giacomo Devoto e Giancarlo Oli, "Il dizionario della lingua italiana", Le Monnier
Esistono molti modi di affrontare la vita, e credo che la maggior parte di noi si adatti a seconda delle vicissitudini a prenderla nel modo che porta la maggior felicità o il minor dolore, in un continuo slalom gigante cercando di farsi meno male possibile. Io, per la maggior parte del tempo, sono un tipo competitivo. Mi piace fare bene le cose, non solo farle bene, farle meglio degli altri. Sarà forse perché voglio sentirmi dire che sono intelligente, preciso, competente. Sarà perché mi compiaccio del lavoro ben fatto, e quando ho finito passo sempre un po' di tempo a contemplarlo. Sarà perché voglio credere che se vengo pagato più di altri, un motivo c'è. Il problema dei tipi competitivi come me, è che quando sbattono contro una porta nello slalom della vita, si fanno più male degli altri.
Ieri mi hanno consegnato gli obiettivi di fatturato. Li ho fissati a lungo, strabuzzando un po' gli occhi. La filiale non sta andando bene e nemmeno io, dopo due settimane il mio contributo è ancora zero. Loro non lo sanno che ci sono volute due settimane a creare sulla scrivania lo spazio per appoggiare la tastiera. Ho alzato la testa da quel foglio, contemplando per un attimo i miei colleghi, e pensando ai miei rimanenti 53 giorni di prova. Chi mi ha voluto qui si aspetta molto da me. Ed eccola, piano piano, lenta ma inesorabile è arrivata. La percepisci perché i battiti del cuore aumentano, improvvisamente diventa caldo, il colletto ti stringe e non capisci più tanto bene che cosa ti stanno dicendo. Sudi un po', i pensieri si annebbiano e si mescolano tutti e il tuo orizzonte temporale si restringe ai prossimi cinque minuti. Sai che devi fare qualcosa, subito, ma non sai cosa. Eccola, l'ansia. Il mio cervello ha fatto tilt.
Sono tornato a casa con la voglia di scappare. Ho già avuto la brutta esperienza di vedere una persona uscire dall'ufficio in lacrime dopo che le avevano comunicato il mancato superamento del periodo di prova. La situazione era diversa, le ragioni di fondo anche, però non ho potuto fare a meno di ripensarci ancora e ancora, incessantemente. Potrei essere io in uno qualsiasi dei prossimi 53 giorni.
Poi mi è arrivato un SMS. Il messaggio lo ho cancellato, ma più meno diceva hai avuto una giornata pesante, non ti preoccupare degli obiettivi, vedrai che assieme li raggiungeremo.
Ho avuto la fortuna di incontrare spesso colleghi competenti. Sulle persone con cui lavoro adesso non posso ancora dare giudizi, una cosa però la ho capita. Ho letto, da qualche parte, qualcuno che suggeriva di fotocopiare il palmo della propria mano e di usarlo per darsi una pacca sulla spalla ogni tanto, in ufficio. Ecco io credo, e spero di non sbagliare, che di questo non avrò bisogno.
Ieri mi hanno consegnato gli obiettivi di fatturato. Li ho fissati a lungo, strabuzzando un po' gli occhi. La filiale non sta andando bene e nemmeno io, dopo due settimane il mio contributo è ancora zero. Loro non lo sanno che ci sono volute due settimane a creare sulla scrivania lo spazio per appoggiare la tastiera. Ho alzato la testa da quel foglio, contemplando per un attimo i miei colleghi, e pensando ai miei rimanenti 53 giorni di prova. Chi mi ha voluto qui si aspetta molto da me. Ed eccola, piano piano, lenta ma inesorabile è arrivata. La percepisci perché i battiti del cuore aumentano, improvvisamente diventa caldo, il colletto ti stringe e non capisci più tanto bene che cosa ti stanno dicendo. Sudi un po', i pensieri si annebbiano e si mescolano tutti e il tuo orizzonte temporale si restringe ai prossimi cinque minuti. Sai che devi fare qualcosa, subito, ma non sai cosa. Eccola, l'ansia. Il mio cervello ha fatto tilt.
Sono tornato a casa con la voglia di scappare. Ho già avuto la brutta esperienza di vedere una persona uscire dall'ufficio in lacrime dopo che le avevano comunicato il mancato superamento del periodo di prova. La situazione era diversa, le ragioni di fondo anche, però non ho potuto fare a meno di ripensarci ancora e ancora, incessantemente. Potrei essere io in uno qualsiasi dei prossimi 53 giorni.
Poi mi è arrivato un SMS. Il messaggio lo ho cancellato, ma più meno diceva hai avuto una giornata pesante, non ti preoccupare degli obiettivi, vedrai che assieme li raggiungeremo.
Ho avuto la fortuna di incontrare spesso colleghi competenti. Sulle persone con cui lavoro adesso non posso ancora dare giudizi, una cosa però la ho capita. Ho letto, da qualche parte, qualcuno che suggeriva di fotocopiare il palmo della propria mano e di usarlo per darsi una pacca sulla spalla ogni tanto, in ufficio. Ecco io credo, e spero di non sbagliare, che di questo non avrò bisogno.